IMMAGINI E IMMAGINARIO, un’intima necessità


NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE

Timidezza e introversione hanno segnato e caratterizzato il mio comunicare fin da piccolo. Solo in mezzo alla gente; a disagio tra lunghi silenzi e imbarazzanti attese. Evitando le persone lo sguardo un po’ vuoto vagava sugli oggetti intorno, alla ricerca di un appiglio, di una qualche sicurezza. Rimanendo infine intrappolato dall’improbabile interesse per un qualche oggetto.

Ho cominciato così a trovare delle vie di fuga, agognate scappatoie al disagio e alla noia. Gli oggetti parevano trasfigurarsi fino ad assumere nuove e inconsuete sembianze. Preda di una turbinosa spirale la mia mente rielaborava le immagini provenienti dagli occhi, tanto da valicare il sottile confine tra reale e immaginario. Un sorprendente mondo si apriva innanzi a me, composto di oniriche visioni, colorate forme, paesaggi alieni. Come Alice, stavo viaggiando nel Paese delle Meraviglie”.

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NULLA E’ COME’ CHE APPARE

Allora ne ero del tutto inconsapevole, ma dopo tanti anni mi sono convinto che il concetto di “realtà oggettiva” sia molto labile, propendo convintamente invece per quello di “realtà soggettiva”. Spesso vediamo ciò che cerchiamo o solamente ciò che vogliamo vedere. Il nostro cervello è allo stesso tempo un potente filtro e un immenso magazzino d’immagini

e informazioni continuamente comparate con quelle che “stiamo vedendo”. Le nostre conoscenze e la nostra memoria ci consentono di vedere in modo spesso personalizzato e individuale, talvolta unico.

Questo mondo è rimasto per molti anni un mio intimo, variopinto e affascinante segreto. Il mio piccolo tesoro nascosto, la mia isola, il mio rifugio.

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RADICI E RADICI

Ad un certo momento però, nella mia vita entra in gioco la fotografia e con essa, nel tempo, il radicale mutamento del mio comunicare.
Fotografia naturalistica inizialmente, per molti anni impegnativa ed entusiasmante scuola e palestra. Ma poi, pian piano, i vincoli del dover documentare hanno iniziato a starmi stretti, pressati con crescente prepotenza

dal mio mondo interiore e dalla profonda e intima, quanto inconfessata, sensibilità. 

E poi la scoperta, e la svolta.
Disteso, ventre a terra, la mente finalmente libera dagli obblighi della documentazione, nel mirino della fotocamera i miei sogni infantili, e non solo, hanno nuovamente iniziato a prendere forma. 

Li ho ritrovati tra le foglie di radicchio decorate di brina, Radicchio di Treviso Rosso Tardivo IGP, semplicemente “Radici” per noi trevigiani.
Con i “Radici” avevo ritrovato le mie radici, la mia essenza. Paradossalmente nello stesso istante infinitamente lontano dal mondo reale eppure così vicino e intimo, in simbiosi quasi, con la terra.
Le gelide foglie mi stavano bruciando la pelle delle guance, ma io ero immerso in un’altra dimensione e non avvertivo più nulla.
Sulla fotocamera era montato il 105 micro. Grazie 105, mi hai permesso di dar forma al mio colorato immaginario, hai dato concretezza al mio intimo sentire e vedere. Hai sconvolto, con incredibile e insospettabile potere terapeutico e liberatorio, il mio modo di comunicare. Mi hai permesso di trovare il modo e il coraggio per condividere con migliaia di persone ciò che apparteneva solo a me.
Che oggi sia qui a raccontarmi ne è ulteriore inconfutabile prova.

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VIAGGIATORE

Mi lusinga venir considerato e presentato come viaggiatore, ma i pochi reportage che ho realizzato in aree remote non giustificano questa definizione. Non sono riuscito a viaggiare quanto mi sarebbe piaciuto, non nei termini convenzionali almeno. Eppure…
Eppure tante volte mi sono ritrovato a esplorare mondi sorprendenti e meravigliosi, a calpestare sentieri

poco frequentati se non sconosciuti e ad ammirare, estasiato e incredulo, improbabili paesaggi dalle bizzarre e coloratissime forme.
Madre Natura è stata generosa con me quando mi ha regalato le chiavi per aprire quella stretta porticina, nascosta e segreta, di cui si narra in certe fiabe. Quella porticina l’ho trovata… una minuscola fessura nella parte posteriore della mia fotocamera, è bastato appoggiare l’occhio che subito ne sono stato risucchiato e proiettato in una dimensione inaspettata, sconosciuta, affascinante e ammiccante, apparentemente così remota da sembrare un paesaggio alieno eppure così fisicamente vicina, solo pochi centimetri oltre l’obiettivo.
Questa la dimensione del mio frequente viaggiare. Viaggi sospesi tra realtà e sogno, introspezione e ricerca, emozioni e conoscenze. Viaggi nei quali, per paradosso, le distanze si annullano e anche gli ordini di grandezza e il concetto di tempo, così come noi li conosciamo e senza i consueti riferimenti, perdono di senso. Viaggi necessariamente solitari, viaggi che non posso condividere, solo raccontare.
Viaggi spesso consumati tra la mia cucina e la campagna intorno a casa. Fotocamera in mano e un buon treppiede sempre pronto, alla ricerca di ortaggi e uve, lungo perigliosi sentieri tra orti e fornelli, cantine e passaverdura, affilati coltelli e fragili cristalli. Mi sono persino infilato in pentole in ebollizione e avventurato sopra bollenti soffritti per poi andarmi a rinfrescare nel frigo. Non ho tralasciato nemmeno lavello e lavastoviglie, e certamente non ho dimenticato i residui vegetali prima di gettarli nel bidone dell’umido.
Esplorazione casalinga, introspettivo viaggio low low cost, autentico viaggiare o solo un tentativo di far di necessità virtù? Eppure di questi viaggi conservo ricordi indimenticabili, esperienze affascinanti e sorprendenti quanto quelle vissute negli sconfinati deserti australiani o tra i vulcani e i ghiacci d’Islanda.
Lo zaino fotografico sempre pronto, mi basta prenderlo e partire… ogni volta che ne ho desiderio, necessità, ispirazione, opportunità, in ogni momento libero, quotidianamente o quasi. Non ci sono mura che mi possano imprigionare, né limiti, non più o non solo via di fuga, ma potente chiave di accesso verso mondi liberi e sconfinati.
E’ così che ho viaggiato. E’ così che continuo a viaggiare.

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