L’IMMAGINE RACCONTATA: STORIE DI ALLOCCHI
“L’immagine raccontata” era il titolo di una rubrica pubblicata nella splendida rivista ”Oasis” – Musumeci Editore. “Quanto sarebbe bello vedervi pubblicata una nostra foto” si diceva tra noi, un sogno di tre amici legati da qualche anno dalla passione per la fotografia naturalistica.
Un sogno che si realizzò nel lontano ottobre 1988. Con grande trepidazione sfogliavo il numero 10 appena arrivato in abbonamento postale, fino alla pagina 108 … c’era!!! C’era!!! Che emozione, una soddisfazione immediatamente condivisa con Fabio e Giuseppe. C’eravamo riusciti, per la prima volta una nostra immagine compariva là, a fianco di quelle dei grandi mostri sacri della fotografia naturalistica mondiale.
La prima volta è sempre la più bella, ma fortunatamente ci son state tante altre prime volte, il primo articolo completo, la prima pubblicazione su Airone, la prima copertina, la prima uscita su rivista straniera, la prima foto su National Geographic USA….
STORIE DI ALLOCCHI il titolo di allora dell’immagine raccontata, ecco uno stralcio del nostro racconto tratto dalla pubblicazione …
“Era l’una quando, coperti dal buio salimmo sul cornicione usando uno scalone per imbianchini; carichi di attrezzature ci trovammo ad affrontare un tetto piuttosto ripido ed estremamente scivoloso perché le vecchie tegole erano coperte di muschio. Strisciando arrivammo ad un paio di metri dal camino che, fatalità, si trovava proprio sul bordo estremo… Nel frattempo passarono in strada due o tre auto che ci costrinsero ad una fuga strategica per stenderci al di là del colmo in modo da non farci scorgere.
Ma una notte non è bastata, ne sono occorse dieci. Ecco un sommario degli inconvenienti tecnici capitati: lenti con condensa, un solo allocco rientrato, ghiaccio (era inverno) impedisce la salita sul tetto; flash fa cilecca, pioggia, inciampi in ostacoli (extracomunitari che dormivano per terra) e conseguente ritirata strategica, obiettivo esce dalla tasca e scivola dal tetto” ….
Ricordo con tenerezza queste avventure vissute con Fabio, eravamo alle prime armi e con pochissimi mezzi. Non disponevamo di telecomandi, per cui dovevamo calare dal tetto una matassa di cavo lunga un centinaio di metri, scendere, appostarci in auto ed aspettare il rientro degli allocchi sul finire della notte quando, verso est, iniziava qualche tenue chiarore.
A turni alternati uno di noi “sbinocolava” per controllare il camino, l’altro impugnava il piccolo interruttore elettrico che via cavo doveva trasmettere il comando di scatto alla fotocamera.
“Ci sono, scatta!!!” Non ricordo chi teneva il binocolo e chi abbia scattato, ma non ha nessuna importanza, questa come diverse altre foto ai rapaci notturni sono scatti totalmente condivisi, letteralmente prodotti a quattro mani.
Lampo dei flash e via, di nuovo su per la scala e il tetto per sbaraccare velocemente il tutto … alle 8 dovevamo entrambi essere presenti per una nuova giornata di lavoro dipendente!